LE AUTOSTRADE CI DICONO CHE C’È ANCORA MOLTO DA FARE SUL FRONTE DEI DIVARI

 

Anche i dati sulle autostrade riflettono un divario Nord-Sud su cui c’è ancora tanto da fare.

Come leggiamo oggi sul Quotidiano del sud sulla base di elaborazioni di Openpolis, se nella piccola Val d’Aosta le autostrade costituiscono il 15% della viabilità, in Basilicata rappresentano appena l’1%. Poco distanti la Puglia con il 3% e la Campania con il 4%.

Non che le autostrade per l’Italia siano un destino scolpito nella pietra, per carità, ma restituiscono comunque la fotografia di uno squilibrio infrastrutturale che va sanato quanto prima per ammodernare seriamente il nostro paese e renderlo pronto alle sfide del PNRR e dello sviluppo globale.

Anche perché, ad oggi, le strade rappresentano ancora il mezzo di comunicazione prevalente per passeggeri e merci , e sono fondamentali per l’economia e per il turismo.

Nel sud rimangono prevalenti le arterie regionali e provinciali, che però non sempre sono adeguate per garantire collegamenti efficienti e adeguati alle esigenze socioeconomiche dei suoi abitanti.

Ecco perché, se non si vuole investire in nuove strade per via dell’impatto ambientale, è ancora più urgente potenziare notevolmente le dotazioni ferroviarie del Mezzogiorno, mediante il Piano nazionale di ripresa e resilienza ma non solo.

Sempre in base ai dati Openpolis, peraltro, scopriamo che negli anni Settanta “gli investimenti infrastrutturali erano quasi la metà di quelli complessivi, mentre negli anni successivi sono calati a quasi un sesto del valore nazionale”.

Volendo rendere ancora più chiara questa disparità, possiamo osservarla in termini di spesa pro capite: nel 1970 era pari a 531,1 euro a livello nazionale, con il Centro-Nord a 451,5 e il Mezzogiorno a 677 euro. Quindi di più al sud!

Nel 2017 si è passati a 217,6 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-Nord a 277,6 e il mezzogiorno a 102 euro.

Dunque, non soltanto lo Stato ha investito molto meno nelle infrastrutture con il passare dei decenni, ma vi è stato un ribaltamento tra Nord e Sud.

Questo “disimpegno degli investimenti pubblici”, come lo definisce lo SVIMEZ, non può non avere un grave impatto sul tessuto socioeconomico e produttivo dell’intero paese, anche alla luce della sua collocazione in ambito europeo. E questo impatto inevitabilmente si fa sentire maggiormente nelle regioni con ritardi di sviluppo come il Mezzogiorno.

Per questo le disparità nella viabilità stradale devono essere usate come una cartina di tornasole “per individuare i divari territoriali” e “capire in quali territori sia più urgente intervenire per migliorarne la mobilità”, come leggiamo sul Quotidiano del Sud.

Ovviamente bisogna capire bene quale tipo di infrastruttura sia più opportuno introdurre.

Ma che sia improcrastinabile una massiccia opera di potenziamento infrastrutturale, con ferrovie e porti in prima linea, è fuori discussione. Un’opera che, lo ripeto, deve andare oltre i fondi europei del PNRR.

Solo così si potrà unificare realmente l’Italia.

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