IL SUD NON DEVE SCEGLIERE: GLI SPETTA L’ALTA VELOCITÀ E PURE I TRENI ORDINARI

 

L’Italia è talmente disabituata al concetto di uguaglianza che il principio di “colmare i divari territoriali” non entra in testa nemmeno a quelli armati delle migliori intenzioni.

Eppure, è così semplice.

Oggi sul Fatto Quotidiano leggiamo un articolo il cui titolo già la dice lunga: “Sud da Medioevo, ma il governo mette miliardi sull’Alta velocità”.

A parte il dubbio gusto di scegliere la solita, vecchia, trita rappresentazione del Sud come “Medioevo”, l’articolo, che vorrebbe in teoria portare avanti le ragioni del Mezzogiorno, sostiene argomentazioni che non stanno in piedi: tempi troppo lunghi, costi troppo esorbitanti e inutilità di alcune tratte.

Dunque, quale sarebbe la conclusione? Non sprecate i soldi per l’Alta velocità, perché ci sono ben altre priorità da affrontare. I treni regionali, per esempio.

Ma non funziona così.

Si devono fare i treni regionali e si deve fare pure l’Alta velocità.

Tutto il resto sono scuse.

Guardando la mappa dell’Alta velocità salta agli occhi persino a un bambino che l’Italia è spaccata in due.

Dunque, perché mai il fatto che l’AV in Italia (cioè, in sostanza, al Nord) sia costata “il doppio rispetto a Francia e Germania” dovrebbe essere un buon motivo per non farla al Sud, magari correggendo il tiro e facendolo in maniera più rapida e meno costosa?

E perché mai se viene realizzata l’Alta velocità anche nel Mezzogiorno, in modo da collegarlo seriamente all’Europa, i cittadini meridionali dovrebbero mettere una pietra sopra alla sacrosanta richiesta di trasporti efficienti anche a livello regionale e interregionale, come già avviene al Nord?

Colmare il divario tra nord e sud, dicevo, è un concetto semplice.

Per colmare i divari è necessario investire maggiormente in quelle aree che, loro malgrado, soffrono un maggiore ritardo di sviluppo.

Questo vale per le ferrovie, ma anche per strade, ospedali, scuole, asili e via dicendo.

Il senso del PNRR dovrebbe essere questo, come espressamente indicato dall’Europa.

Non certo quello implicito nell’articolo, pur ben documentato, del Fatto: “I soldi sono questi, quindi prendiamoli e facciamo giusto l’indispensabile”.

Il Sud non vuole solo l’indispensabile. Il Sud vuole gli stessi diritti e servizi del resto del paese.

A chi ci dice “Sì ma ci sono altri problemi più importanti”, io rispondo che sì, è vero… ma questo significa solo che la lista delle cose da fare è lunga e che quando si parla di sud tutto è una priorità.

Il titolo del Corriere della Sera del 13 settembre 1972 recitava “Il divario fra Nord e Sud sarà colmato solo nel 2020”. Era la previsione elaborata per l’allora Ministero del Bilancio che immaginava un’Italia diversa cinquant’anni dopo.

E invece no, siamo ancora qui. A parlare di divari, di infrastrutture inesistenti e di “Medioevo”.

Be’, il Sud non ci sta più. E farà sentire forte la sua voce.

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