Elezioni regionali: Lega perde primato. Elettori vogliono Repubblica unita

Il fenomeno Lega dopo i livelli raggiunti è destinato ad un lento declino perchè l’Italia vuole essere unita. Perde colpi al Sud e al Nord, in particolare nelle sue roccaforti storiche. Gli elettori vogliono un Paese coeso. Analisi del voto.

Il voto delle regionali era una sorta di tagliando per il governo, ma gli esiti nonostante l’astensionismo (al voto solo 4 su 10), hanno premiato le forze di governo confermando il successo del centrodestra sia in Lombardia che in Lazio. Regione quest’ultima che era stata governata da PD e M5S.

Quando vinci con tanti punti di scarto, il segnale che danno gli elettori, anche quando non vanno a votare, è il seguente. Nel caso della Lombardia gli elettori – nonostante le peripezie di Fontana – dicono che ha governato bene e lo riconfermano, distinguendo i pesi tra le forze di maggioranza. Nel caso del Lazio dicono che il centrosinistra ha governato male e lo penalizzano.

Il populismo è forse stanco?

Gli elettori manifestano da tempo una stanchezza perchè chiedono soluzione ai problemi.  L’incapacità di risolvere i problemi derivanti dalla globalizzazione ha generato ribellione che si è manifestata proprio nel voto populista. Per ripartire, bisogna provare a chiedersi di cosa hanno veramente bisogno le persone in un mondo pieno di difficoltà.

La Lega è uno di quei partiti che intercettava molti voti populisti, ma non è certo l’autonomia la risposta.

Oggi, infatti, la Lega esulta ma in realtà ha perso il primato proprio nella sua roccaforte. Ciò lascia ben sperare sul fatto che adesso il disegno sull’autonomia regionale, avrà un cammino tutto in salita. Se la strategia del governo di assecondare il vessillo di un alleato in difficoltà ha dato i suoi frutti (acerbi), è pur vero che adesso Salvini non può più contare su una maggioranza dei numeri, perchè  in Lombardia ha perso ben 13 consiglieri, mentre Meloni è passata da 2 a 22 consiglieri regionali.
Gli elettori hanno fatto vincere gli unionisti, hanno capito quale classe dirigente premiare affinché ci sia più coesione.

Quindi non ci sono più i numeri per far passare l’Autonomia! 

Già la Lega dopo le ultime batoste alle elezioni politiche era smarrita ed impaurita. Ora con il crollo avuto nelle regioni storiche dovrà prendere atto che non può più riproporre una soluzione che mina profondamente l’unità del Paese.  Gli elettori lombardi hanno compreso il pericolo e gli hanno fatto pervenire il preavviso. 
Certo adesso Bossi avrà meno alibi per contestare la guida della Lega di Salvini e magari non ci saranno più eletti ribelli tra i leghisti. Ma se Romeo sul Corriere sostiene che: “Noi rafforzati, porteremo avanti l’Autonomia”, sbaglia di grosso e vediamo perchè.

I numeri confermano che l’unica forza politica che può esultare per la vittoria del centro destra è Fratelli d’Italia. Perdono colpi gli altri partner dell’alleanza. Ecco i numeri:





Astensionismo così alto? Regioni non più al centro del cuore delle persone

Se gli elettori non vanno a votare prima o poi si porrà un problema di legittimità del voto. Serve, dunque, a tutti ripensare la politica da cima a fondo, mostrando di saper cogliere il valore e il significato di quel difetto di rappresentanza che le astensioni evidenziano ogni volta di più.

Questa volta il livello di astensione fa riflettere molto non solo sul grado di accettabilità della classe dirigente ritenuta sotto gli standard minimi, ma anche sulla istituzione Regione. Emerge che le Regioni, che pure devono avere un ruolo importante senza creare la Repubblica di Arlecchino, non sono al centro del cuore delle persone.

Il degrado dei servizi pubblici in Italia (si pensi alla sanità regionale o ai trasporti regionali) e il giudizio negativo sul funzionamento complessivo delle regioni si traduce nella fuga dalle urne piuttosto che con la protesta.

Di fronte a temi globali come la guerra, l’ambiente, i fenomeni migratori e le crisi economiche diventa assurdo proporre che ognuno vada per se e sono assurde anche le fughe in avanti di certe regioni come il Veneto di Zaia.

L’astensionismo così alto, dovuto questa volta in prevalenza ad una perdita di affluenza degli elettori di sinistra e m5s, deve tuttavia ispirare molta prudenza nell’azione di governo del centro destra.

Il rimedio è da ricercare in quel comune disegno riformatore incompiuto. Un disegno che da mezzo secolo viene continuamente evocato, ma poi svanisce continuamente.


Ma l’astensionismo è anche uno schiaffo all’Autonomia.

Chi voleva l’ Autonomia differenziata? La Lega! La diserzione delle urne va letta anche come uno stop alle ansie disgregatrici di un certo ceto politico, ma anche un detonatore che può accelerare ulteriormente l’astensionismo. Gli italiani – alle prese con troppe difficoltà economiche e servizi inefficienti – aspirano non solo ad un Paese più unito, ma più attento alle difficili sfide della globalizzazione che richiedono un assetto compatto e non un disordinato assemblaggio di micro-poteri infarciti da egoismo.

Il crollo dell’affluenza indebolisce dunque la spinta verso l’ autonomia regionale.

Se i partiti che hanno vinto esultano, quelli che hanno perso minimizzano la sconfitta.

Le opposizioni non hanno giocato la partita delle regionali, sono rimasti in panchina. Se nessuno va più a votare, forse è anche perchè non esiste più una vera opposizione. Eppure il Paese ha bisogno che ci sia una opposizione degna di questo nome. Altrimenti la nostra democrazia, già malata, si aggraverà!

Il terzo polo in Lombardia è stato punito pur avendo cercato di cannibalizzare Forza Italia, che si conferma perno portante al centro della coalizione. Emblematiche le parole del dimissionario segretario lombardo di Azione: “Risultato fallimentare, le nostre scelte incomprensibili”. Insomma l’ambizione di creare il terzo polo è velleitaria, come avevano già dimostrato le elezioni politiche.

Non ha funzionato nemmeno il m5s che perde sia nel Lazio dove si presenta da solo pur avendo amministrato in giunta con il PD, che nella Lombardia dove si presenta in coalizione. Le dichiarazioni un pò ruvide di Conte, che ammette la sconfitta, dimostrano che il m5s più che un alleato potenziale del PD è un feroce competitor.

Al centro sinistra sarà pure rimasta solo Sanremo ma il risultato del PD è un risultato di tenuta. In effetti c’è stata un’offensiva fallita verso il PD dovuta al doppio assalto da parte del terzo polo e del m5s, proprio durante il suo congresso in cui è alla disperata ricerca di una strategia e di una identità, capaci di dare una prospettiva politica credibile per il Paese. Solo dopo si potranno valutare le alleanze.

In Basilicata, ad esempio, dopo l’esito elettorale disastroso per il centro sinistra si punta sulla freschezza delle donne per sfidare Bardi e il centrodestra. Chissà!

Un dato è certo, la crisi del sistema politico rappresentativo è sotto gli occhi di tutti. Ormai sono sempre di più i cittadini che non votano rispetto a quelli che votano. Lo certifica il crescente numero degli astenuti. Per risolvere questa situazione patologica, che blocca la democrazia e mette in dubbio la legittimità delle elezioni, la nuova generazione politica dovrebbe dimostrare di saper attraversare i propri confini. Non per compiacere gli elettori del proprio campo, o i propri tifosi, ma per comunicare anche a quella vasta platea degli scontenti di tutti i colori. Questa è la sfida che ci attende.

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