CINGOLANI CON UN PIEDE FUORI DAL MITE. COSA NE SARÀ DELLA TRANSIZIONE ECOLOGICA?

 

“Non gioco più. Me ne vado”, cantava Mina. E oggi la canticchia anche il ministro Cingolani, il quale ha detto che “questa nuova fase non ha più bisogno di me”, come se avesse fatto un ottimo lavoro e adesso potesse tornare a vita privata, o quasi. Ma in realtà la transizione ecologica non è mai nemmeno iniziata.

O meglio, è cominciata male. La parte del PNRR di competenza del Ministro e del MITE sembra scritta su misura per le grossissime aziende (vedi l’ENI) e non contiene quella rivoluzione verde indicata dal Green Deal europeo. Tra l’altro, a contribuire alla stesura Cingolani ha nominato Paolo D’Aprile, consulente di una grossa società privata come la McKinsey, il quale avrà anche il compito di coordinare la parte del Piano riservata al MITE, con i suoi 70 miliardi di dotazione.

I principi cardine di Cingolani in questi mesi di mandato sembrano ispirati a una versione quantomeno originale dell’economia verde e sostenibile.

Aumento delle trivellazioni, nucleare, gas, carbone, impianti di rinnovabili di grossissime dimensioni e dall’impatto paesaggistico ancora tutto da verificare. Anche sulla direttiva sulle plastiche pare ci sia qualche punto interrogativo, visto che – come emerge da qualche notizia di stampa – sia stato il motivo della lite furibonda con l’ex capo dell’Ufficio legislativo del Ministero, che poi si è dimesso.

Tra l’altro, come dimenticare lo scivolone di Cingolani allorché ha ridicolizzato Greta Thunberg e, con lei, tutto il movimento giovanile che si batte per salvare il pianeta dai cambiamenti climatici?

Ma siamo sicuri, poi, che si tratti di uno scivolone? Forse invece vale più di mille editoriali per farci capire quale sia l’andazzo del Ministro e di tutto il governo in tema di ambiente.

Del resto, transizione ecologica non vuol dire affatto prolungare sine die l’uso delle fonti fossili; non è un pretesto per far finta di cambiare qualcosa perché nulla cambi.

Potremmo dire che siamo di fronte a uno di quei casi di “tecnici prestati alla politica” che, proprio per questo, difettano della visione politica necessaria per guidare il paese verso un futuro diverso.

Non che non ci siano responsabilità politiche in questa vicenda. Cingolani è stato voluto proprio da quel Movimento Cinque Stelle che aveva fatto della lotta ambientalista la sua bandiera.

Quella bandiera, oggi, sembra alquanto sdrucita, e l’intero movimento vive una crisi fortissima anche a causa dell’aver abdicato ai suoi temi portanti, quelli per cui è stato votato in massa nel 2018.

Vedremo se e quando Cingolani , paladino della svolta green voluto da Beppe Grillo, deciderà di lasciare il MITE ma, al di là dei singoli nomi, ciò che conta davvero è quale direzione il governo vuole prendere nel campo dell’energia e, di conseguenza, quale volto vuole dare all’Italia del futuro prossimo.

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